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domenica 17 gennaio 2010

“Nuove strutture o il nostro turismo rischia di spegnersi”

Angelo Galtieri presidente Unione albergatori



Alassino, dal 2005 al vertice della categoria.
Angelo Galtieri, 48 anni,  è presidente
dell’Unione provinciale  albergatori dal 2005 

dopo essere stato  per molti anni nel 
direttivo  degli albergatori  di Alassio  
e in  quello provinciale.
Nato ad Alassio,  diplomatosi geometra 

(nel palmares ha  anche un  diploma di sommelier) 
ha ben presto lasciato riga e compasso per 
continuare a gestire assieme alla famiglia il prestigioso 
Hotel Aida. 
Sposato, ha due figli.

Angelo Galtieri sembra il medico accorso al capezzale di un malato grave. Sa che il paziente potrà guarire solo se seguirà la terapia. Ma, nel caso del turismo, non basta la volontà di prendere le medicine, è necessario che il farmacista (in questo caso la politica) abbia a disposizione quanto prescritto e non rinvii a domani la consegna.
Così il presidente provinciale dell’Unione albergatori fotografa prima la situazione dell’anno passato poiformula la diagnosi. Stando ai numeri il 2009 non è stato un anno da incorniciare per il turismo provinciale.
«Vero, abbiamo cominciato male, si è in parte recuperato qualche cosa in estate ma abbiamo poi perso pesantemente verso la fine. Un andamento che fa riflettere, perchè sicuramente c’è stato un calo dovuto al clima non particolarmente favorevole, sicuramente ha influito la crisi economica che, ricordiamolo, non è solo italiana ma mondiale. 
Secondo me, però, ci sono anche altre cause che dovremmo affrontare al più presto se non vogliamo diventare definitivamente marginali. Stiamo perdendo colpi anche sul turismo sociale nei mesi invernali ».

Congressi, sport, strade e ferrovia

Significa che i Comuni e le Comunità montane per rispettare i patti di stabilità e per i tagli di bilancio non
organizzano più i soggiorni climatici in Riviera?
«Diciamo che il “turismo sociale” dà segni di diserzione. In parte per le cause che ha ricordato nella domanda
ma c’è un altro aspetto molto più preoccupante. I Comuni risparmiano mandando i loro anziani in vacanza nei paesi del Nord Africa. E’ paradossale ma è così. L’Egitto, ad esempio, sovvenziona gran parte del costo di trasporto aereo. Ha capito che l’importante è avere il turista che, una volta in zona, gira, spende, produce reddito. Il tutto in un sistema dove il costo del lavoro incide molto poco. Ecco, noi non possiamo metterci in concorrenza con chi fa dumping».
Sorge spontanea una domanda presa a prestito dalla storia: “Che fare”?
«Una risposta come albergatori ce la siamo data e, in tutte le occasioni, lo facciamo presente ai politici liguri di tutti gli schieramenti: bisogna investire in infrastrutture. Da decenni si parla di turismo congressuale, progetti e promesse si sprecano ma, intanto, il treno dei congressi è di fatto passato. Ora è la volta del turismo sportivo ma, anche qui, ci sono carenze strutturali grandissime. Si continua a puntare sulle bellezze naturalie storiche, per altro senza grande convinzione, sull’enogastronomia e poco altro».
Non sarà anche il caso di puntare su parcheggi, Aurelia bis, raddoppio ferroviario...

«Certo che si deve puntare su infrastrutture che da anni aspettano risposte. Forse è la volta dell’Albenga-Carcare-Predosa. Ma sulle grandi opere abbiamo quasi perso le speranze.
Sui parcheggi in molti Comuni qualche cosa si muove. In questo scenario web cam e last minute servono?

«No, le web servono come supporto, chi ha deciso di venire in Riviera vuole essere informato se piove o c’è il sole. E’ anche un mezzo per difenderci dalle previsioni meteo televisive che mettono sempre sulla Riviera la nuvola di Fantozzi, credo perchè Paolo Villaggio è ligure».
Un appunto che si fa al turismo inteso come sistema riguarda la cronica incapacità di “sorridere” da parte degli operatori e gli orari spesso di negozi e ristoranti, spesso non invitanti.
«Il problema dell’accoglienza lo abbiamo affrontato tante volte come associazione.
E’ un fatto di cultura, anche qui qualche cosa si muove nelle nuove generazioni ma si tratta di un processo lungo. Forse tra dieci anni. Sugli orari il discorso è complesso. Dipende dai Comuni ma anche dagli operatori. Se la clientela è poca restare aperti non è remunerativo».


Da www.laStampa.it  del 17 Gennaio 2010

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