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sabato 30 gennaio 2010

IERI POMERIGGIO L’INCIDENTE PROBATORIO SUL CASO DEL PARROCO DI ALASSIO ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE

 
Don Luciano Massaferro parroco di Alassio
 
In una stanza la verità della bambina
Nessun commento dalla Procura. I difensori di don Lu: 
emerse molte contraddizioni 
Nei suoi undici anni mai è stata adulta come ieri pomeriggio, nemmeno quando avvenivano, o lei immaginava, i fatti che hanno portato in carcere a Chiavari don Luigi Massaferro, il parroco quarantacinquenne di Alassio. In una stanza asettica, ripresa da una telecamera, la bambina ha ripetuto a uno specialista il racconto che già aveva fatto alla psicologa del Gaslini. E oltre la telecamera - come dietro uno specchio magico - c’erano il giudice per le indagini preliminari, Emilio Fois, il pm Alessandra Coccoli, i difensori del sacerdote Mauro Ronco e Alessandro Chirivì con il loro consulente.
Piccola e forse stupefatta dell’attenzione che la circonda e la preme da dicembre, la bambina sapeva che il suo racconto in qualche modo era valutato, giudicato - giudicata lei stessa - dal mondo degli adulti.
Non era affannata, non spaventata. Con lo sforzo dei semplici di fronte a un’impresa della memoria o la quiete dei candidi di fronte a ricordi sentiti per certi, si è ancora una volta inoltrata sui sentieri sfociati in pagine giudiziarie: «Lo toccavo... », «Mi diceva...». Un pomeriggio al rallentatore, senza pressioni, senza metterle fretta, misurando la sua aderenza alla realtà del momento e a quella del ricordo.
A fine giornata gli avvocati Ronco e Chirivì hanno rilasciato una dichiarazione lapidaria come una parola fine: «Sono emerse palesi, stridenti, numerose e insanabili contraddizioni nei racconti della presunta persona offesa, tali da minarne definitivamente ed irrimediabilmente la sua credibilità e attendibilità».
Il capo della Procura savonese, Francantonio Granero, abito grigio e sorriso appena accennatodietro la scrivania del suo ufficio, non ha commentato, si è limitato a un’osservazione più di stile che di contenuti:
«Mi pare palese una scelta di processo condotto rapidamente attraverso le dichiarazioni ai media più che con gli strumenti che la legge fornisce per dibattere il caso dentro questi uffici e aule». Nulla da dire sull’esito
dell’incidente probatorio con la bambina protagonista: «Ho parlato con la collega Coccoli, che ha seguito il pomeriggio e mi ha riferito molto serena».
Per la gente di Alassio, per i parrocchiani fedelissimi difensori di don Luciano la giornata di ieri è una sorta di anticipo di sentenza di proscioglimento.
Non è così veloce. Mentre il parroco aspetta l’ok per la visita almeno del suo vescovo, la Procura e il Gip devono ancora mettere in fila molti pezzi della vicenda.
C’è il computer con i file dell’hard disk cancellati. Di per sé non è determinante, accende interesse se inserita tra le deposizioni di don Lu, tra quelle che le accuse considerano non soltanto contraddizioni ma anche dichiarazioni spontanee («a una parrocchiana psicologa chiesi di seguire la piccola», «i vicini mi dissero che era una famiglia litigiosa e aggressiva») smentite agli uomini della Squadra Mobile dalle stesse persone chiamate in causa.
E per la bambina c’è ancora un passaggio tra occhi, registratori, voci degli specialisti. Come disposto dal gip Fois ci sarà quella che sbrigativamente viene definita «perizia psichiatrica ». Più o meno: non è un’imputata per la quale stabilire se capace o no di intendere o volere. E’ una presunta parte lesa, in un’età in formazione.
Se ieri si è misurato, con tatto, il suo narrare, il nuovo appuntamento sarà una sorta di «diagnosi» generale della sua «attitudine a testimoniare». La credibilità. Dato oggettivo, non giudizio fra angelo violato o spudorata mentitrice. Vuol dire un altro passo in una inevitabile, progressiva solitudine nel mondo adulto. Un nuovo passo, difficile più per la sua inconsapevolezza giudiziaria che per tutti gli altri.

Marco Neirotti

Da ww.LaStampa.it  del 30 Gennaio 2010

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