Francesco Maurizio Guido, in arte Gibba, compie 91 anni: dal primo film d'animazione neorealista a quelli scandalosi. E non solo
di Renato Venturelli
Buon compleanno, grande Gibba! Il 18
dicembre compie 91 anni Francesco Maurizio Guido, in arte Gibba, una
delle glorie del cinema ligure, celebrato a lungo come autore del primo e
unico film d'animazione neorealista, ma diventato poi regista cult
grazie alle incursioni sul terreno opposto, quello molto più
provocatorio e molto meno serioso del pornocartoon.
Nato ad Alassio nel 1924, disegnatore da sempre, Gibba adottò quel suo pseudonimo fin dai tempi della scuola, quando frequentava l'istituto dei Salesiani e faceva caricature spietate dei suoi professori. Finito il liceo, partì subito per Roma, anche se c'era la guerra: e da quel momento ha fatto di tutto, ha disegnato per il "Travaso" e per il "Corrierino", realizzato film d'animazione, curato titoli di testa di film e sigle di programmi tv, diretto per anni la sezione animata di una ditta specializzata in documentari, la Corona Film.
A Roma ha collaborato col grande illustratore (ligure) Antonio Rubino, è diventato amico di Cesare Zavattini e ha avuto pure modo di lavorare con Federico Fellini: "era magrissimo, aveva una testata di capelli e all'epoca scriveva per il Marc'Aurelio. Veniva da me e diceva con quel suo gnè gnè: io non so disegnaaare, ti passo l'ideeea...".
Il film "felliniano" s'intitolava "Hello, Jeep", e doveva essere una celebrazione dell'amicizia italo-americana fatta a botta calda, nel 1945. Naturalmente dopo qualche settimana finirono i soldi e finì tutto il progetto, come accadde in tante altre vicende dell'animazione italiana che Gibba ci ha poi raccontato nel suo libro zeppo di simpatia, disincanto e autoironia "Diario - Un uomo di grande insuccesso". Un libro in cui viene rievocato dall'interno tutto il sottobosco del cinema italiano d'animazione, fatto di astuzie, imbrogli, piccole truffe per incassare i premi statali, e naturalmente sfruttamento selvaggio dei disegnatori, spesso messi al lavoro e poi mai pagati.
Il suo posto nella storia del cinema Gibba l'ha conquistato fin dal primo film, "L'ultimo sciuscià", vicenda tristissima di un bambino e del suo cane per le strade miserabili dell'Italia del dopoguerra, realizzato ad Alassio con gli amici Giannetto Beniscelli e Mario Fazio, futuro presidente di Italia Nostra. Ma i maggiori elogi sui giornali li ha avuti quando nel 1985 ha realizzato l'inserto osé di "Scandalosa Gilda", il film di Gabriele Lavia e Monica Guerritore, dove molti scrissero che la cosa di gran lunga migliore era il suo cortometraggio porno, pieno di umorismo e privo di volgarità.
Adesso, Gibba è tornato a vivere nella sua Alassio e conserva i vecchi disegni nella minuscola mansarda sotto il tetto, dove era venuto a nascondersi nel 1944 per non essere precettato da Salò: "vedevo solo una fettina di cielo e i bombardieri che passavano...". Non ha perso nulla della sua ironia sferzante e del suo candore fanciullesco, ma nel frattempo si ritrova corteggiatissimo: i giovani cinefili lo celebrano per il cult erotico anni '70 "Il nano e la strega", i giovani storici del cinema d'animazione lo vengono a cercare per continue riscoperte della sua opera. E lui se la ride, riguardandosi i vecchi Disney: perché, dice, non c'è "Inside Out" che tenga davanti al fascino meraviglioso di "Biancaneve e i sette nani". Ma saranno i nani autentici o quelli assatanati del suo film?
Nato ad Alassio nel 1924, disegnatore da sempre, Gibba adottò quel suo pseudonimo fin dai tempi della scuola, quando frequentava l'istituto dei Salesiani e faceva caricature spietate dei suoi professori. Finito il liceo, partì subito per Roma, anche se c'era la guerra: e da quel momento ha fatto di tutto, ha disegnato per il "Travaso" e per il "Corrierino", realizzato film d'animazione, curato titoli di testa di film e sigle di programmi tv, diretto per anni la sezione animata di una ditta specializzata in documentari, la Corona Film.
A Roma ha collaborato col grande illustratore (ligure) Antonio Rubino, è diventato amico di Cesare Zavattini e ha avuto pure modo di lavorare con Federico Fellini: "era magrissimo, aveva una testata di capelli e all'epoca scriveva per il Marc'Aurelio. Veniva da me e diceva con quel suo gnè gnè: io non so disegnaaare, ti passo l'ideeea...".
Il film "felliniano" s'intitolava "Hello, Jeep", e doveva essere una celebrazione dell'amicizia italo-americana fatta a botta calda, nel 1945. Naturalmente dopo qualche settimana finirono i soldi e finì tutto il progetto, come accadde in tante altre vicende dell'animazione italiana che Gibba ci ha poi raccontato nel suo libro zeppo di simpatia, disincanto e autoironia "Diario - Un uomo di grande insuccesso". Un libro in cui viene rievocato dall'interno tutto il sottobosco del cinema italiano d'animazione, fatto di astuzie, imbrogli, piccole truffe per incassare i premi statali, e naturalmente sfruttamento selvaggio dei disegnatori, spesso messi al lavoro e poi mai pagati.
Il suo posto nella storia del cinema Gibba l'ha conquistato fin dal primo film, "L'ultimo sciuscià", vicenda tristissima di un bambino e del suo cane per le strade miserabili dell'Italia del dopoguerra, realizzato ad Alassio con gli amici Giannetto Beniscelli e Mario Fazio, futuro presidente di Italia Nostra. Ma i maggiori elogi sui giornali li ha avuti quando nel 1985 ha realizzato l'inserto osé di "Scandalosa Gilda", il film di Gabriele Lavia e Monica Guerritore, dove molti scrissero che la cosa di gran lunga migliore era il suo cortometraggio porno, pieno di umorismo e privo di volgarità.
Adesso, Gibba è tornato a vivere nella sua Alassio e conserva i vecchi disegni nella minuscola mansarda sotto il tetto, dove era venuto a nascondersi nel 1944 per non essere precettato da Salò: "vedevo solo una fettina di cielo e i bombardieri che passavano...". Non ha perso nulla della sua ironia sferzante e del suo candore fanciullesco, ma nel frattempo si ritrova corteggiatissimo: i giovani cinefili lo celebrano per il cult erotico anni '70 "Il nano e la strega", i giovani storici del cinema d'animazione lo vengono a cercare per continue riscoperte della sua opera. E lui se la ride, riguardandosi i vecchi Disney: perché, dice, non c'è "Inside Out" che tenga davanti al fascino meraviglioso di "Biancaneve e i sette nani". Ma saranno i nani autentici o quelli assatanati del suo film?
Da www.Repubblica.it del 17 Dicembre 2015

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