Caro Direttore, homo homini lupus, altro che Agnelli. «Per quattro lire si stanno facendo a pezzi…». Così Re Gianni, con l’altolocata erre moscia e il suo proverbiale cinismo, commenterebbe la guerra in casa che ora rischia di travolgere anche la governance del gruppo. Giulio Andreotti, dopo un fatto di cronaca, ebbe a dire: «Nessun nemico è più temibile del familiare incattivito».
E la faida ventennale tra le dinastie Agnelli, Elkann e de Pahlen ne è la dimostrazione e certifica il crollo del mito di un’intera generazione cresciuta emulando lo stile inconfondibile dell’Avvocato: il Rolex Daytona o il più cool Eberhard 1950S sopra il polsino e gli scarponcini in camoscio indossati sotto impeccabili abiti gessati. Per non parlare della sua “fandom” di fedelissimi composta da Gawronski, Boniperti, Montezemolo, d’Urso e Malagò che tutte le mattine puntavano la sveglia all’alba per rispondere al mitico Spiro, centralinista di casa Agnelli, e raccontare al loro anfitrione le ultime breaking news.
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