lunedì 16 novembre 2009

GIUSTIZIA - Lo scontro - Napolitano: la moralità è tutto !


Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

“Ma la politica richiede qualità specifiche e non si può vivere di dilettantismo”
Che cosa ha voluto dire ieri mattina Giorgio Napolitano quando ha affermato che «in politica conta la moralità»?
Certo, innanzi tutto quello che le stesse parole significano e cioè che la pratica della politica richiede una commendevole linea di condotta personale.
E, su questo aspetto, ciascuno può trarre le deduzioni che vuole riguardo alla situazione attuale. Ma, in realtà, ciò che il Presidente della Repubblica ha voluto affermare ricordando l’amico di una vita Maurizio Valenzi nella sala dei Baroni del Maschio Angoino, è che la politica, chiamata a gravi decisioni comuni, risiede in un luogo alto della morale e, pertanto, deve essere intrapresa come missione e con l’adeguata professionalità.
Napolitano stesso, parlando, si è reso conto del rischio di «idoleggiare nostalgicamente il tempo che fu». Ma questa accentuazione era forse resa più apparente dal fatto che il suo discorso, interrotto per due volte da una
commozione controllata a fatica, era pronunciato in occasione del ricordo di un esemplare di quella «specie forse in via di estinzione» costituita dai politici di professione.

«Si può essere di destra o  di sinistra,ma ciò che conta è il senso della nobilità»

A favore dei quali, comunque, il Presidente ha con decisione spezzato una robusta lancia, sostenendo che si tratta di una specie che «bisogna tuttavia difendere storicamente da giudizi sommari e grossolani».
Per coloro che decisero di fare della politica, per citare il titolo dell’autobiografia di Giorgio Amendola, una «scelta di vita» quello fu il modo per contribuire «allo sviluppo della democrazia, allo sviluppo della vita   democratica nelle società dell’Occidente europeo ». In realtà, «la vicenda dei politici di professione ha fatto tutt’uno nell’Italia della Costituzione repubblicana e altrove con la vicenda dei partiti e della loro ascesa», ma anche «con le involuzioni e le degenerazioni del sistema dei partiti, con il burocratizzarsi del fare politica e l’immeschinirsi della figura dei politici di professione diventati talvolta semplici soggetti e agenti di calcoli
e giochi di potere».
Certo professionismo della politica della Prima Repubblica finì a Tangentopoli, senz’altro,maproprio perché
smarrì quel senso di missione collettiva che ne avrebbe sorretto la moralità. «Alla politica - ha detto il Presidente - e anche alla competizione per assumere ruoli nelle istituzioni si può giungere in modi diversi: dalla società civile, dal mondo del lavoro o delle imprese o dalla cultura».Ma - ecco il punto - «in ogni caso bisogna sapere che la politica richiede qualità specifiche, richiede che si abbiano o si acquisiscano queste qualità perché la politica non può vivere di dilettantismi».
Dunque, la nobiltà della politica non è garantita soltanto dalla moralità di chi la pratica, ma richiede, assieme a questa, la comprensione della professionalità specifica richiesta.
Detto questo, «ci si schieri liberamentea destra o a sinistra, quello che conta è il senso della nobiltà della politica», la comprensione, assieme alla sua «insostituibilità», anche dei suoi «limiti», la «dedizioneall’interesse
generale».
Infatti, più tardi, lasciandoNapoli, il Presidente ha sintetizzato il suo pensiero in termini più freddi, sostenendo che «indipendentemente da come si arriva alla politica, facendone un impegno totale o provenendo dalla società civile, l’importante è rispondere alle sue esigenze».
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, presente alla cerimonia, ha definito «totalmente condivisibile» il messaggio del Capo dello Stato.

Paolo Passarini

Da www.LaStampa.it  del 16 Novembre 2009

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