domenica 24 ottobre 2010

VERSO IL FESTIVAL DELLA SCIENZA A GENOVA: RISCHIAMO UN NUOVO MEDIOEVO





Abbiamo la fortuna di vivere in un periodo eroico per l’astronomia. Nei cento anni trascorsi da quando Einstein pubblicò i suoi famosi articoli sull’energia della luce e sulla relatività, la conoscenza dell’Universo incui viviamo è cresciuta inmodo esponenziale.

Nonostante tutte le nuove scoperte, devo dire però che è la situazione è lontana dall’essere soddisfacente. In un certo senso le questioni lasciate aperte sono tra le più importanti che credevamo di conoscere.
L’astronomia ancora una volta pone domande fondamentali alla fisica e dobbiamo sperare che un nuovoNewton o un nuovo Einstein producano una nuova sintesi.
Ma è fastidioso sapere che il 97% della massa dell’universo è composta da materia, o energia, di cui nonconosciamo la natura. È come se la normale materia fosse schiuma posata su un oceano profondo.
Dopo tutti gli sforzi compiuti per misurare la densità dell’universo e stabilire se è aperto o chiuso, scopriamo che la risposta dipende dall’equilibrio fra due entità la cui natura ci è sconosciuta. Questa nuova prova chel’universo non è fatto per essere misurato dal genere umano, ma al contrario regolato da leggi che ancora non conosciamo, dà un senso di essere perduti e fa tornare alla mente che il 1609 è l’anno in cui Galileo effettuò le osservazioni sulla Luna e le stelle, ma anche l’anno in cui Giordano Bruno venne arso vivo a Roma in Campo de’ Fiori.
La visione di Giordano Bruno era quella di un mondo infinito, popolato da un numero infinito di stelle, ciascuna delle quali con propri pianeti, forse abitati da esseri senzienti, ed era molto più vicina al pensierocontemporaneo di quelle degli altri pensatori del suo tempo. 
Ma oggi forse noi possiamo capire meglio che quella visione provocò una perdita di certezze e costituiva una minaccia tale al pensiero tradizionale da suscitare paura. La conoscenza dell’universo che possediamo oggi ci condurrà a una rivoluzione scientifica e tecnologica come quella che avvenne 400 anni fa con Galileo? 
Forse sì, anche se la crescita del fenomeno del fondamentalismo in tutto il mondo potrebbe, al contrario, portarci a nuovo medioevo, come accadde dopo la caduta della cultura ellenistica. Possiamo sperare che una futura rivoluzione astronomica apra nuove e insospettate visioni sul ruolo del genere umano nell’Universo, come accadde quattrocento anni fa.
L’evoluzione del nostro pensiero in astronomia ha un parallelo solo nell’altra grande rivoluzione nella conoscenza della natura che maturò tra il 1572, quando Tycho Brahe osservò la Stella Nova (la Supernova1572) e il 1687, quando Isaac Newton pubblicò i “Principia Mathematica”. Nella fioritura del pensiero che portò non solo al Rinascimento delle arti ma anche al progresso scientifico, e che aveva compiuto pochi passi avanti dalla distruzione del patrimonio ellenistico, anche le timide congetture di Copernico, l’ultimo dei tolemaici, nel suo trattato del 1543 “de Revolutionibus Orbium Celestium” furono interpretate come un ritorno
al sistema eliocentrico di Aristarco di Samo (310230 avanti Cristo). 
I concetti di un universo che si evolve e non è eterno né immutabile, fatto della stessa materia che compone gli oggetti nel cielo e sulla Terra, di una Terra che si muove nello spazio e ruota intorno al Sole in un’orbita ellittica, scaturivano dalle scoperte di Tycho, Keplero e Galileo. 
Dobbiamo a Newton la sintesi di questo lavoro e dei nuovi concetti nella dinamica per raggiungere una nuova concezione razionale dell’universo, nel quale per la prima volta le leggi della fisica sono enunciate in una forma matematica precisa, in modo tale che le sue manifestazioni possano essere previste.
La sintesi di Newton ebbe conseguenze non solo per la conoscenza  dell’Universo in cui viviamo ma diede vita anche a una fioritura di ricerche scientifiche e tecniche che resero possibile la rivoluzione industriale.
Lo scrittore Arthur Koestler ha definito questo periodo “il mutamento più importante nella storia dell’uomo, forse più grande di quello che causò la mutazione biologica”.
Mentre posso essere d’accordo in via di principio, mi sembra che Koestler non abbia tenuto conto del fatto che la diffusione di questo pensiero non avviene attraverso il Dna come nei processi evolutivi, perciò è rimasto e rimane patrimonio di una minoranza. 
Dall’inizio del Ventesimo secolo il rapido sviluppo della fisica e delleosservazioni astronomiche con telescopi sempre più potenti ci hanno dato risposte che il genere umano attendeva dalla preistoria. Negli ultimi cinquant’anni i progressi nell’astronomia hanno conosciuto una forte accelerazione, in parte grazie al continuo progresso della fisica nucleare e dei quanti, in parte per il grande sviluppo tecnologico che ci ha consentito osservazioni sempre più sofisticate dell’Universo. 
Il progressoscientifico e tecnologico è stato un risultato dell’eredità degli studi compiuti durante la Seconda guerra mondiale sulle onde radio e più recentemente grazie ai consistenti investimenti da parte dei governi nella ricerca astronomica. 
Negli anni Cinquanta vennero scoperti i quasar e nel 1962 Marteen Schmidt riuscì a misurare lo spettro del più brillante. Nel 1967 Jocelyn Bell e Antony Hewish osservarono invece per la prima volta i pulsar: oggi ne conosciamo centinaia e sappiamo che sono stelle di neutroni. L’astronomia a raggi X, il campo in cui ho compiuto la mia carriera scientifica, non può essere effettuata dalla Terra, perché i raggi X sono assorbiti dall’atmosfera terrestre.
Perciò solo dopo la Seconda guerra mondiale fu possibile svilupparla: scienziati americani al Naval ResearchLaboratory usarono razzi V2, portati dalla Germania, per scoprire l’emissione di raggi X dal Sole nel 1948. Nel 1962 il mio gruppo all’American Science & Engineering lanciò un razzo che aveva a bordo strumenti 50 volte più sensibili di quelli usati prima e la Natura, con grande cortesia, ci ricompensò con la scoperta della prima stella a raggi X, Sco X1.
La spiegazione della natura di Sco X1 arrivò solo nel 1970, con il lancio del primo satellite per lo studio delle stelle a raggi X, Uhuru, che ci consentì lo studio di tutto il cielo e ci portò a importanti scoperte.
Il passo successivo nell’astronomia a raggi X è stato, nel 1978, il lancio del satellite Einstein, il primo osservatorio a utilizzare un vero telescopio a raggi X, capace di ottenere immagini delle stelle.
Nel 1999 venne lanciato in orbita il telescopio Chandra, tuttora operativo.
La metodologia dell’astronomia a raggi X ha influenzato altri progetti come il telescopio Hubble, probabilmente il più famoso fra quelli moderni, e il Vlt, Very large telescope, dell’Eso (European SouthernObservatory) sul Cerro Paranal, in Cile. I nuovi studi ci hanno portato a scoperte singolari e inaspettate, per alcune non ne abbiamo ancora piena comprensione.
In un certo senso ci troviamo nello stesso stato di confusione in cui i nostri antenati dovettero sentirsi prima che Newton spiegasse il significato delle scoperte di Tycho, Keplero e Galileo.

Oggi come allora dobbiamo abbandonare i pregiudizi e le aspettative non basate sui fatti.

RICCARDO GIACCONI

Da www.ilSecoloxix.it  del 24 Ottobre 2010

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