domenica 25 ottobre 2009

Abusi al Joy e alle Vele indagati i titolari

Autorizzazioni nel mirino della Procura



Sono tre le persone finite nel mirino della Procura della Repubblica per concorso in abuso in atti d’ufficio nell’inchiesta sull’apertura estiva della discoteca Le Vele e del ristorante Joy. I magistrati savonesi hanno iscritto nel registro degli indagati Barbara Meoni Del Mastro, amministratrice del primo locale notturno gestito assieme a Franco «Franchino » Becchio, Walter Dolvino e Paolo Donia, titolari del secondo ritrovo. Gli inquirenti sembrano intenzionati a capire per quale motivo le due attività abbiano aperto i battenti durante l’ultima estate nonostante i procedimenti aperti dalla giustizia per i sospetti abusi edilizi in una zona sottoposta a vincolo, quindi impossibili da regolarizzare con una sanatoria.

L’inchiesta si focalizzerà nei prossimi giorni sull’amministrazione alassina, per capire quale pubblico ufficiale abbia compiuto il reato per il quale ai tre indagati viene contestata la corresponsabilità. Gli accertamenti saranno rivolti alla commissione edilizia, ai membri del Consiglio comunale ed ai dipendenti.

Al vaglio degli inquirenti c’è il percorso burocratico con cui palazzo civico ha concesso l’autorizzazione ai due locali e in particolare il parere legale rilasciato al Comune da un’avvocatessa, con cui si mostravano le presunte basi giuridiche a sostegno dei privati.

Nel frattempo è esplosa la rabbia degli imprenditori per l’inchiesta della Procura. «Abbiamo chiesto e pagato il condono, versando 100 mila euro al Comune di Alassio. Non mi interessa niente della politica, voglio solo lavorare e fare turismo di alto livello», dice Franco Becchio delle Vele. «Questa indagine è nata dalla denuncia
di un nostro concorrente, che evidentemente è invidioso nei nostri confronti perché abbiamo un bel locale. I manufatti contestati dalla magistratura c’erano già dodici anni fa, quando abbiamo comprato l’attività.

Non abbiamo mai cambiato le strutture senza chiedere il permesso al Comune e ci siamo limitati a sostituire i mobili, le fodere, i pavimenti ed i gazebo, che smontiamo alla fine della stagione estiva», sostiene l’impresario.
«Con la giustizia ho già pagato troppo senza avere fatto niente e alla fine sono stato pure assolto, dopo aver fatto sei giorni di galera e dopo essere stato accusato di avere corrotto i carabinieri per chiudere un occhio sulla capienza.

Per fortuna abbiamo la discoteca a Sestriere e presto andremo a lavorare a Vancouver. Ad Alassio si lavora bene, ma ci stiamo mangiando tutto il guadagno per guardie del corpo, sicurezza e vigilanza. Mi hanno bruciato la macchina e ho dovuto mandare mio figlio all’estero perché lo hanno minacciato.
Questa è la Liguria», si sfoga Becchio.

Angelo Fresia

Da www.laStampa.it  del 25-10-2009

Nessun commento:

Posta un commento