TELEFONATE DI INSULTI
E
“AVVERTIMENTI”
ALASSIO. «Tanto sappiamo dove sei. Sono anni che rompi, adesso ti rompiamo le ossa». Quando rispondendo al telefono sentì pronunciare questa frase Marcello Bellando ha avuto un sussulto, e forse anche qualche momento di timore, ma nessun dubbio su quale fosse il motivo di quelle minacce.
Da tempo, infatti, aveva cominciato una battaglia in difesa delle spiagge libere ed era stato tra i primissimi a contestare le spiagge libere attrezzate alassine, che secondo lui non rispettavano le regole.
In particolare quelle che impongono che metà della superficie sia sgombera e destinata alla libera balneazione.
E che oltretutto non fornivano adeguate indicazioni sui diritti dei bagnanti.
Una battaglia fatta di ogni tipo di iniziativa, dalla costituzione di un’associazione alla realizzazione di un sito internet, da appelli alla Regione a qualche visita a palazzo di giustizia, passando per volantinaggi e questionari.
Iniziative che evidentemente non sono piaciute molto a qualcuno, e in particolare a quei gestori che si sono sentiti presi di mira dalle rimostranze di Bellando, ma che hanno ottenuto il plauso di quanti rivendicano il diritto di poter passare qualche ora in riva al mare di fronte a casa senza dover sborsare quattrini.
«Il sole è di tutti, e il mare anche – andava spiegando Bellando, e non è giusto essere costretti a pagare per usufruirne».
Quando, l’estate scorsa, il blitz della Procura ha portato prepotentemente le vicende riguardanti le spiagge al centro dell’attenzione il “popolo delle spiagge libere” ha cominciato a far squillare il telefono di Bellando, complimentandosi con lui per averci visto giusto.
«I complimenti dovete farli alla Procura» rispondeva lui a quelle telefonate, seppure con un pizzico di orgoglio in fondo al cuore.
Di ben diverso tenore, invece, la telefonata che il paladino della libera balneazione ricevette nel settembre del 2008, quella con epiteti e minacce, arrivata proprio all’indomani di una delle tante iniziative.
Bellando non si lasciò intimorire ed anzi andò a denunciare l’accaduto alle Forze dell’Ordine, che sono riuscite ad identificare l’autore della telefonata.
Si tratta del sessantatreenne napoletano Michele De Laurentis, nei confronti del quale il giudice per le udienze preliminari Donatella Aschero ha emesso un decreto di condanna a 15 giorni di reclusione, commutati in una pena pecuniaria di 570 euro.
Una decisione contro cui De Laurentis si è opposto tramite il suo legale Carlo Manti, chiamando Bellando e il suo avvocato Gianluca Nasuti in tribunale.
Arrivato davanti al giudice, però, De Laurentis ha cambiato opinione, accettando la condanna.
Da tempo, infatti, aveva cominciato una battaglia in difesa delle spiagge libere ed era stato tra i primissimi a contestare le spiagge libere attrezzate alassine, che secondo lui non rispettavano le regole.
In particolare quelle che impongono che metà della superficie sia sgombera e destinata alla libera balneazione.
E che oltretutto non fornivano adeguate indicazioni sui diritti dei bagnanti.
Una battaglia fatta di ogni tipo di iniziativa, dalla costituzione di un’associazione alla realizzazione di un sito internet, da appelli alla Regione a qualche visita a palazzo di giustizia, passando per volantinaggi e questionari.
Iniziative che evidentemente non sono piaciute molto a qualcuno, e in particolare a quei gestori che si sono sentiti presi di mira dalle rimostranze di Bellando, ma che hanno ottenuto il plauso di quanti rivendicano il diritto di poter passare qualche ora in riva al mare di fronte a casa senza dover sborsare quattrini.
«Il sole è di tutti, e il mare anche – andava spiegando Bellando, e non è giusto essere costretti a pagare per usufruirne».
Quando, l’estate scorsa, il blitz della Procura ha portato prepotentemente le vicende riguardanti le spiagge al centro dell’attenzione il “popolo delle spiagge libere” ha cominciato a far squillare il telefono di Bellando, complimentandosi con lui per averci visto giusto.
«I complimenti dovete farli alla Procura» rispondeva lui a quelle telefonate, seppure con un pizzico di orgoglio in fondo al cuore.
Di ben diverso tenore, invece, la telefonata che il paladino della libera balneazione ricevette nel settembre del 2008, quella con epiteti e minacce, arrivata proprio all’indomani di una delle tante iniziative.
Bellando non si lasciò intimorire ed anzi andò a denunciare l’accaduto alle Forze dell’Ordine, che sono riuscite ad identificare l’autore della telefonata.
Si tratta del sessantatreenne napoletano Michele De Laurentis, nei confronti del quale il giudice per le udienze preliminari Donatella Aschero ha emesso un decreto di condanna a 15 giorni di reclusione, commutati in una pena pecuniaria di 570 euro.
Una decisione contro cui De Laurentis si è opposto tramite il suo legale Carlo Manti, chiamando Bellando e il suo avvocato Gianluca Nasuti in tribunale.
Arrivato davanti al giudice, però, De Laurentis ha cambiato opinione, accettando la condanna.
L.REB.
Da www.ilSecoloxix.it del 13 Novembre 2010
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