Voto sulla fiducia al sottosegretatrio Caliendo alla camera dei Deputati
Confermata la fiducia al sottosegretario, ma i numeri sono al di sotto dei 316 deputati necessari per garantire la maggioranza al governo: guarda la gallery. Futuro e Libertà conferma l'astensione, ma chiede il ritiro delle deleghe di Caliendo. Berlusconi: "Vogliono nascondere di essere già divisi". Rissa sfiorata in aula tra Fli e Pdl. Anche Chiara Moroni passa coi finiani (video): alla Camera sono in 34
Roma - Caliendo resta al suo posto, ma i numeri non confortano il governo. La maggioranza, senza i finiani, che votano con Udc, Api e Mpa come annunciato, vacilla. O meglio, in questo caso tiene. Senza problema alcuno. Ma, come dice Landolfi ore prima della votazione e come sottolineano indiscrezioni del vertice di Palazzo Grazioli, sotto quota 316 (la maggioranza assoluta a Montecitorio) si apre una fase di crisi. Alla Camera i sì sulla mozione sono stati 229, i no 299 e 75 gli astenuti. Di diverso avviso Umberto Bossi che detta la linea: "Questo è il segnale che resistiamo. Non si va al voto ora".
I numeri dei finiani Assenti non giustificati in aula Consolo, Divella, Angeli, Tremaglia. Due membri del governo votano contro la sfiducia al sottosegretario Caliendo (il ministro Andrea Ronchi e il vice ministro Adolfo Urso). Altri due sono assenti (il sottosegretario Roberto Menia, in missione a Zanzibar e il sottosegretario Antonio Bonfiglio). Sono i conti del voto delle truppe finiane in aula alla Camera sulla sfiducia al sottosegretario Caliendo. Gli altri 25 voti sono stati di astensione. Ma Futuro e libertà raggiunge quota 34 deputati alla Camera. Nel gruppo ha fatto il suo ingresso anche Chiara Moroni. Oggi la deputata non ha partecipato al voto sulla fiducia al sottosegretario Caliendo, in dissenso con il no espresso dal gruppo del Pdl, perché sul caso c’è una questione di "opportunità politica" che non c’entra con il "garantismo". Parole pronunciate dai banchi di Fli, accanto al capogruppo Italo Bocchino, con gli applausi di Udc e Api. "Con lei c’è un avvicinamento" dicono i deputati finiani in Transatlantico.
Lega: "Fedeli a Berlusconi" "La Lega dice no a un esecutivo tecnico, noi siamo con Berlusconi". Bossi assicura fedeltà al presidente del Consiglio nel caso il governo dovesse cadere. Lasciando l’aula al termine del voto sulla sfiducia al sottosegretario Caliendo, il Senatùr ammette che "un po' di preoccupazione c’è sempre", ma è convinto che "se si va al voto la Lega stravince" e per questo "non temiamo il voto. Maggioranze diverse non vanno bene" ribadisce Bossi secondo cui il terzo polo "non ha futuro" e rischia "di fare male a chi vi partecipa".
Landolfi: "Al Quirinale" L’ex aennino Mario Landolfi dice a chiare lettere che "senza una maggioranza di almeno 316 no alla mozione sul sottosegretario Caliendo, il presidente del consiglio dovrebbe chiedere di poter conferire con il presidente della Repubblica per discutere dello scenario di crisi che si andrebbe ad aprire". Di questo scenario si sarebbe discusso ancora oggi nel vertice con il premier a Palazzo Grazioli.
L'astensione e le divisioni Solo un modo per nascondere le divisioni che a pochi giorni dalla nascita già attraversano il gruppo di Futuro e Libertà. Al vertice Berlusconi sarebbe tornato a criticare la scelta dell’astensione dei finiani sulla mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario alla Giustizia. Sono nati da due giorni, avrebbe attaccato il premier, e al primo voto già si sarebbero spaccati: hanno dovuto fare una scelta senza senso, l’astensione, solo per nascondere le loro divisioni. Puntuale in aula è arrivato l'annuncio dell'astione da parte di Fli, ma Benedetto Della Vedova chiede "il ritiro delle deleghe da parte del ministro Alfano".
Vertice a Palazzo Grazioli Tutti riuniti prima della tempesta. Vertice a Palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nella residenza romana del premier sono giunti i coordinatori del Pdl (Verdini, Bondi e La Russa), i capigruppo (Cicchitto, Gasparri e Quagliariello) e i ministri Matteoli, Frattini, Alfano e Tremonti. Sono presenti inoltre i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti e l’avvocato Niccolò Ghedini. La riunione avviene alla vigilia del voto alla Camera sulla mozione di sfiducia a Caliendo e del Consiglio dei ministri che questo pomeriggio dovrebbe varare il federalismo municipale.
Pronto al voto Io sono pronto al voto, ma non decido da solo. Questo il ragionamento di Silvio Berlusconi ieri sera a Tor Crescenza. Se cade il governo "anche Giulio Tremonti è per andare a elezioni anticipate". Il premier, durante una cena ieri con le deputate del Pdl, ha rivelato di aver incontrato il ministro dell’Economia, che, a suo dire, ha escluso totalmente l’eventualità di poter guidare un governo di transizione. "Anche Tremonti è per il voto e comunque non ci saranno governi di transizione" ha ripetuto il premier più volte.
Il caso Caliendo Astenersi "è una scelta senza senso, un grave errore politico". Berlusconi durante la cena ieri è stato chiaro: "O si vota la sfiducia a Caliendo e non si capisce il motivo, oppure se si sostiene il governo si vota la fiducia e basta". Il premier non ha nascosto di considerare uno strumento di "guerriglia" la decisione da parte del presidente della Camera di incontrare esponenti dell’opposizione come Casini e Rutelli. "È il segnale che vogliono continuare ad indebolirci e cercano il pretesto per rompere" ha spiegato il cavaliere. Il capo del governo, però, ha escluso che oggi possa salire al Quirinale per aprire la crisi. "Non so da dove siano arrivate queste voci. Io sono determinato ad andare avanti. Certamente - ha ancora ragionato Berlusconi sempre secondo le stesse fonti - è da irresponsabili praticare queste manovre di palazzo ma io continuo ad andare avanti". Il premier ha escluso totalmente la possiblità di governi di transizione e ribadito che se si dovesse andare al voto bisognerà farlo quanto prima possibile. "Dobbiamo essere pronti a questa evenienza".
Problemi politici "Il governo non cadrà per incidenti di percorso. Il motivo della rottura dovrà essere politico" ha proseguito il ragionamento Berlusconi. "Non si cade su una questione che non riguarda il programma. È sul piano di governo che ci sarà un confronto aperto". Quella del presidente del Consiglio, riferisce chi appunto ha partecipato alla cena, è una speranza e al tempo stesso una certezza. "Vedremo se i finiani terranno fede al programma, certo ci sono difformità di vedute. Capiremo come si comporteranno per poi decidere cosa fare" ha spiegato il premier. "Faremo ogni sforzo per tenere compatta la maggioranza e tenere in piedi il governo e andare avanti con le riforme. Altrimenti - ripete il cavaliere - si andrà a casa e ci sarà solo il voto".
Viespoli saluta Pasquale Viespoli, indicato da Fini come capogruppo Fli al Senato da settembre, si dimetterà dall’incarico di sottosegretario al Lavoro non appena verrà eletto dai senatori Futuro e Libertà per l'Italia. Lo rende noto lo stesso Viespoli, conversando con i giornalisti.
Bocchino capogruppo
"Vi chiedo di trovare sempre una sintesi unitaria, è una necessità assoluta" era stata la preghiera di ieri sera di Gianfranco Fini a deputati e senatori, riuniti a cena nella fondazione FareFuturo. Una richiesta che sembra essere stata accolta, stando ai numeri che oggi, nella riunione del gruppo Fli alla Camera, ha eletto capogruppo Italo Bocchino, vice vicario Benedetto Della Vedova e vice Giorgio Conte con 27 voti a favore su 29 presenti (assenti giustificati Tremaglia, Angeli, Divella). Un voto è andato a Silvano Moffa, una scheda bianca. Non erano mancate divisioni (alla Camera c’era chi avrebbe preferito Moffa o Roberto Menia), alla vigilia della chiara indicazione data ieri sera da Fini sui nuovi organigrammi: oltre alla terna eletta oggi Bocchino-Della Vedova-Conte, Viespoli sarà a settembre capogruppo al Senato, Menia coordinatore nazionale di tutte le iniziati sul territorio intorno a Fini, Moffa coordinatore delle attività dei due gruppi.
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