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lunedì 8 ottobre 2012

Imperia - Giovani PDL rispondono ad Eugenio Minasso: "Dichiarazioni rabbiose e un pò sconnesse"





Imperia - "Ciò detto, stupisce ancor più il fatto che si dichiari così dedito al suo territorio asserendo che invece qualcun altro si occupi di fare cene “carbonare”: ci dica, di grazia, per che cosa dovremmo ricordarlo qui sul territorio imperiese"

A rispondere alle accuse di Eugenio Minasso sono i giovani del coordinamento provinciale di 'Giovane Italia' (giovani del PDL).
Siamo stupiti (forse nemmeno troppo), dalle dichiarazioni rabbiose e un po' sconnesse di Eugenio Minasso che, tra l’altro, ci paiono una serie di autogol su tutti i punti grossolanamente trattati.

Ci chiediamo come sia possibile che un parlamentare non sia a conoscenza del fatto che la scorta non si chiede nè si rifiuta; essa viene infatti assegnata per motivi di sicurezza dall’Autorità Nazionale e non può quindi essere utilizzata o meno a seconda di dove si decida di trascorrere la serata. Ci è parsa un’affermazione piuttosto populista che arriva da chi la scorta non la ha, probabilmente non l’avrà mai, anche se forse la vorrebbe

Ciò detto, stupisce ancor più il fatto che si dichiari così dedito al suo territorio asserendo che invece qualcun altro si occupi di fare cene “carbonare”: ci dica, di grazia, per che cosa dovremmo ricordarlo qui sul territorio imperiese, un provvedimento che ha migliorato il nostro territorio o anche solo una sua idea che non ricordi un tentativo di scalata di potere...
Ci pare ridondante invece elencare che cosa l’On. Scajola abbia fatto per la sua terra nella sua carriera politica, crediamo che nemmeno il più acerrimo tra gli avversari possa dire diversamente.
Quello che notiamo è invece la spudoratezza di Minasso nel dichiarare di essere stato a cena con gli amministratori di Diano Marina. Ricordiamo, a chi non lo sapesse, che il PDL nel comune dianese è all’opposizione.
Con chi era a cena..?

Quanto alle considerazioni relative a Gaetano Scullino e Giovanni Bosio (egli confonde lo scioglimento delle Amministrazioni Comunali con la responsabilità dei Sindaci!) ci pare che siano davvero fuori luogo: ricordiamo tutti benissimo le fotografie che ritraevano Minasso, in occasione dell’inimmaginabile (e ancora oggi inspiegabile) exploit alle elezioni regionali del 2006 con Alleanza Nazionale, mentre abbracciava trionfante i membri di una famiglia definita “chiacchierata”.

Per questa sua inadeguatezza, il coordinamento regionale giovanile del PDL -che è uno solo- all'unanimità, ha sfiduciato Minasso (vice coordinatore regionale) e Michele Scandroglio (coordinatore regionale). I motivi non risiedono certo nella provenienza politica dei due personaggi, appartenenti in passato ad AN il primo e a Forza Italia il secondo...
Capiamo che possa sentirsi un po’ ai margini, ma gli suggeriamo di ponderare meglio le sue accuse al fine di evitare altre figuracce. 



Da www.Riviera.it  del 08 Ottobre 2012

martedì 5 aprile 2011

Alassio - Qualcuno dirà che non c'è nulla di male, ma...la coerenza dove sta?

L'ex brigadiere dei Carabinieri Biagio Murgia è un fervente simpatizzante dell'ex Sindaco Marco Melgrati per un sacco di motivi che non starò ad elencarvi:  mi soffermerò piuttosto su un particolare che non è secondario ed evidenzia lo spessore del credo politico dell'ex brigadiere C.C. e la massima coerenza che egli applica nel groviglio di passione politica che lo coinvolge e gli arrovella la mente.

 Il  24 Gennaio 2011 erano le 13:54:43 e mi venne la curiosità di visitare la pagina su Facebook riferita al sig. Biagio Murgia, che riportava come annotazione relativa al suo credo politico, ciò che potrete vedere qui sotto:



Oggi 05 Aprile 2011 alle ore 20:14:33 mentre siamo in periodo elettorale è successo qualcosa, un mutamento, un cambiamento di opinione, un ripensamento, una svolta che potrete vedere qui sotto: 


Dopo ciò cosa si può dire della politica, di questi politichini volubili come il meteo, sempre a seconda, ovviamente, delle opportunità che si presentano: sono certo che la candideranno per queste sue spiccate qualità caro Biagio Murgia, anzi mi premurerò di sollecitare il suo coordinatore provinciale a tal fine.

E questo è solo uno degli esempi delle strazianti condizioni psicologiche in cui Marco Melgrati ha condotto il Pdl alassino, dopo la scellerata scelta politica di porre al suo vertice l' avv. Emanuela Preve e da ultimo aver sottoposto il Popolo della Libertà alla Lega Nord.

Sono certo che ne vedremo ancora delle belle..... 


Fabio Lucchini
"A come Alassio" Lista AVOGADRO 



giovedì 24 marzo 2011

Alassio - PDL: Socco fa pressioni inaudite per essere riconfermato almeno per 3 anni alla Presidenza della S.C.A. (acquedotto)

 Roberto Socco attuale presidente uscente della SCA
Servizi Comunali Associati  (acquedotto)

Socco fa pressioni inaudite per essere riconfermato almeno per 3 anni alla Presidenza della S.C.A.

Il coordinamento del PDL locale e provinciale cosa fa ? Lo vedrete a breve.

Socco che come al solito fa millantato credito politico e vuole apparire come leader di un contenitore di voti di spessore (saranno 30? forse troppi), in realtà è lo stesso che cinque anni fa con un Melgrati all'apice del fulgore politico locale e riconfermato Sindaco con un consenso del centrodestra da boato di ben il 69,8 % non riuscì neppure a inserire un proprio uomo in rappresentanza di Alleanza Nazionale al primo insediamento del nuovo consiglio comunale.

Una volta, mi riferiscono, Melgrati sembra disse più o meno ... che Socco politicamente rappresentava solo se stesso ... e lui se ne ebbe parecchio a male ...


Marco Melgrati alla scrivania nel suo ufficio, quando era Sindaco di Alassio

Melgrati a dire il vero aveva presagito non tanto fuori dal vero visto l'esito elettorale di AN delle ultime comunali.

Oggi il PDL sta seriamente (?) pensando di rinnovargli il mandato come Presidente della S.C.A. (acquedotto municipale) ottenendo di danneggiare ancor più l'immagine del partito che già soffre notevolmente per le varie beghe ben note a tutti.

Naturalmente l'opposizione ed in particolare la sinistra dura e pura alassina già si frega le mani per questo succulento ed imprevisto cadeau che le viene porto su un piatto d'argento in un momento di confronto della politica alassina così delicato e decisivo.
Montaldo forse si è dimenticato col passare degli anni le pantomime che gli furono fatte un bel mattino da questo politico made in Alassio per ottenere il mandato di presidente SCA con la minaccia in caso contrario di creare un gruppo (in verità sparuto) di contrasto all'allora effervescente formazione che rispondeva a Forza Italia e che non conosceva ostacoli di sorta.

Forse Moltaldo allora fu preso da compassione e da uomo umile e riservato ci passò sopra, ma ora vuole forse bissare, come se ne avesse una reale necessità? Essere caritatevoli è un'indubbia dote, ma come la tolleranza, quando si sconfina oltre il giusto, diventa cosa inopportuna ed a volte imbarazzante.

Aicardi si chiama fuori da queste beghe e fa bene, perchè da quella persona in fondo semplice e sostanzialmente con i piedi per terra i funambolismi li lascia agli altri.

Pensate gente, pensate bene a ciò che andrete a fare, la responsabilità in questi tempi magri è enorme e la gente semplice ed umile si aspetta delle scelte illuminate piene di ponderazione.

Fabio Lucchini

domenica 13 marzo 2011

L'Unità - Le critiche di Scajola: «Il Pdl non è il partito della gente»

 
 Claudio Scajola

«Doveva essere il partito della gente, della nostra gente, troppo spesso non lo è. La componente che viene da An è rimasta una realtà quasi distinta da Forza Italia». È la critica che Claudio Scajola nella rubrica La Bussola della Fondazione Cristoforo Colombo rivolge al Pdl, dopo l'incontro di ieri con il premier Silvio Berlusconi.

«Se abbiamo pensato ai gruppi parlamentari 'Azzurri per la Liberta' è stato solo per manifestare un sentimento a nostro avviso troppo spesso inascoltato. Giungeremo a questo solo se, con la condivisione di Berlusconi, non ci sarà altro modo per riuscirci».
«Chi ha avuto la pazienza di seguire - afferma l'ex ministro - la storia personale e politica mia e degli altri amici che hanno dato vita con me alla Fondazione Colombo sa che, da quando esisteva Forza Italia, abbiamo sempre lavorato, per costruire un partito unito, radicato sul territorio, fondato sulla partecipazione e sulla democrazia interna, sul pluralismo delle idee e non delle correnti, su dei valori chiari: quelli che ci hanno consentito di entrare orgogliosamente a fare parte del Partito Popolare Europeo». «La stessa cosa - aggiunge Scajola - vorremmo fosse il Pdl, geniale intuizione politica di Berlusconi che finora non è diventata uno strumento organizzato funzionante. Doveva essere il partito della gente, della nostra gente. Troppo spesso non lo è».

TESO CONFRONTO CON BERLUSCONI

Teso confronto, ieri sera ad Arcore, tra Silvio Berlusconi e l'ex fedelissimo del premier Claudio Scajola, pronto allo strappo e alla costituzione di un gruppo parlamentare autonomo dal Pdl sia alla Camera che al Senato - gli  'Azzurri per la Libertà' - con un seguito di 23 deputati e 12 senatori.

L'ex ministro delle Attività Produttive, raccontano fonti del Pdl, ha insistito perchè il Cavaliere lo ricevesse per chiedergli di trovare un ruolo al partito al posto del dimissionario Sandro Bondi (o - secondo la versione di altre fonti del partito -, per ottenere spazio al governo con lo spacchettamento del ministero adesso guidato da Paolo Romani o con il ruolo di capogruppo al posto di Fabrizio Cicchitto).


Scajola avrebbe rimproverato al premier di tenerlo lontano dal partito dopo le sue dimissioni dal governo per la vicenda della casa affacciata sul Colosseo. «Io non ho fatto nulla e sono fuori - avrebbe detto Scajola al premier - mentre Verdini è al suo posto nonostante le pendenze giudiziarie e con La Russa decidono tutto, senza consultarmi. Diversi parlamentari la pensano come me e sono dalla mia parte. Aspetto una risposta»: "Non me ne vado se non mi dai una risposta".


Berlusconi, certo non lieto della grana che si trova a dovere gestire, avrebbe rinviato la soluzione del problema ad un prossimo incontro con Scajola lunedì o martedì, ben sapendo che la vicenda scoperchia il vaso di Pandora.


Scajola al premier ha portato le firme parlamentari che lo sostengono, ma altri esponenti di peso del Pdl (che possono vantare un seguito tra i parlamentari pari o maggiore rispetto all'ex ministro ligure), hanno protestato con il premier minacciando a loro volta la costituzione di gruppi autonomi. Per questo, riferiscono alcune fonti, sarebbe forte l'irritazione di Berlusconi con Scajola, che mette a repentaglio il grande lavoro fatto dal premier per rinforzare la sua maggioranza. 


Da www.Unita.it  del 13 Marzo 2011

Claudio Scajola: “Berlusconi è prigioniero. Ecco le mie condizioni, dammi un ruolo nel partito o me ne vado”

 
 Claudio Scajola

ROMA – Mancano tre ore all’incontro con Silvio Berlusconi e Claudio Scajola, diretto ad Arcore, mette in fila i pensieri. Della vicenda che riguarda l’ex ministro Claudio Scajola che chiede al premier più spazio minacciando la costituzione di un gruppo autonomo dal Pdl, parla un lungo articolo del Riformista a firma Alessandro De Angelis riportato qui di seguito.

Racconta il Riformista: “II gruppi autonomi potrebbero essere un modo per avere più confronto. Non vogliono che facciamo Azzurri per la libertà? Discutiamone. Ma l’unica cosa certa è che non si può dire non fate i gruppi e tutto resta così com’è”. Questa volta non è con una poltrona in più o in meno, al partito o al governo, che il caso può rientrare. L’ex ministro vuole un chiarimento vero, di fondo. Perché il punto è politico.Prima di ogni questione di organigramma va analizzato quello che è successo in questi anni, in modo franco, senza perifrasi: “C’è un disagio profondo – è il ragionamento di Scajola – sia in Parlamento sia nel territorio che non si può nascondere. A due anni dalla nascita, il Pdl non è stato ancora costruito davvero, non si capisce bene come funziona la questione delle quote tra ex Forza Italia ed ex An, l’uscita di Fini è un fatto serio che ha avuto conseguenze nel partito, insomma l’amalgama non è riuscito”‘.
“E se le cose non vanno, se il modello anarchico di partito alimenta conflitti, non è frutto del caso o di un destino cinico e baro – spiega il Riformista -. Soprattutto perché tra tutti i segnali di allarme, uno dovrebbe toccare le corde profonde del premier: ‘Il popolo di Forza Italia è a disagio, si sente senza punti di riferimento, a differenza di quello di An che ha ancora una intelaiatura, una struttura organizzativa’. Ecco il punto, il grido di dolore degli azzurri. Che giustifica un’accusa, ora che tutti giocano a carte scoperte, verso l’attuale tolda di comando, verso “quelli che vogliono che si lasci tutto così com’è”. E “quelli”,Verdini e La Russa, sono coloro che hanno messo un veto sul ritorno di Scajola al partito, dopo che il Cavaliere si era mostrato più che possibilista su un suo rientro, durante un incontro di due settimane fa”.
Il riformista racconta poi, dell’intreccio tra l’attuale casta pidiellina e i “produttori di consenso”. Marcello Dell’Utri, attraverso un’intervista al Corriere dal titolo “Non è più tempo di Scajola, puntiamo Verdini” aveva fatto capire che il nome dell’ex ministro è ingombrante, “produrrebbe un cambio degli equilibri di potere, nel Pdl e non solo, visto che rappresenta un riferimento per gli ex azzurri che si sentono cannibalizzati dagli ex An. E pure per alcune lobby, anche se magari non quelle con cui tessono la tela gli attuali bi-unviri”.
“Proprio le frasi di Dell’Utri – racconta ancora il Roformista – hanno spinto Scajola a rompere gli indugi: ‘Non si capisce perché dovrei rinunciare a dire la mia. Mi sono dimesso dal governo, senza che nessuno me lo chiedesse, ho aspettato la fine dell’inchiesta pur non essendo indagato. A cose finite, quando mi è tornata un po’ di voglia di occuparmi della via politica, le parole di Marcello mi hanno meravigliato, anzi mi hanno offeso. Sono il segno che si vuole lasciare tutto così com’è’”.
“E di questo immobilismo il premier, un innovatore di indole, sarebbe più la vittima che la causa. Paralizzato al partito. Ingessato al governo, dove gli spazi di manovra tra i vincoli imposti da Giulio Tremonti sono strettissimi”
A proposito di Tremonti. Il Riformista, nel suo lungo articolo spiega che “Scajola al governo si era ritagliato il ruolo di capofila del partito anti-tremontiano”.  Scajola avrebbe detto chesSe si continua così, spiega Il Riformista ”progressivamente la nostra constituency si svuota a vantaggio della Lega, e Berlusconi ne esce logorato. Oggi un filo unisce tutto, partito e governo, apparentemente questioni che sembrano diverse: ‘Berlusconi – dice Scajola – è prigioniero’”.
“Le vie, per ritrovare spazi di libertà, possono essere diverse, ma al fondo va ritrovato uno spirito: ‘Con me ci sono quelli che vogliono bene a Berlusconi, i lealisti. Io non sono quello che rompe i partiti, io Forza Italia l’ho costruita davvero. E non sono uno che fa le iniziative contro, meno che mai contro Berlusconi. Sono aperto a trovare soluzioni’. Potrebbero essere l’ingresso al governo di uomini legati a Scajola, o il suo ritorno nel partito Altrimenti, – spiega ancora Il Riformista – via libera ai gruppi parlamentari autonomi, ?Azzurri per la libertà’”.
“Già sicure le firme, e pure le prospettive di instabilità per la maggioranza. Alle otto di sera Claudio Scajola esce da Arcore. Il colloquio è durato due ore. È stato ‘lungo e amichevole’. Il premier si è mostrato disponibile. Pur di evitare la formazione di gruppi autonomi ha assecondato i desideri sia sul partito sia sul governo. Ma ha chiesto un po’ di tempo. Perché le caselle sono poche, gli appetiti molti”.


Da www.blitzquotidiano.it  del 13 Marzo 2011

sabato 27 novembre 2010

FINI - An : presentata opposizione a archiviazione inchiesta casa Montecarlo (ndr: l'8 Novembre c.a.)

 


Da parte di due esponenti de La Destra di Storace (Il Sole 24 Ore Radiocor) -  
, 08 nov - E' stata depositata l'opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma per l'inchiesta sulla sulla vendita radell'appartamento a Montecarlo appartenuto ad An e ora in affitto a Giancarlo Tulliani, cognato del presidente della Camera, .
Lo affermano, in una nota, il consigliere regionale de La Destra, Roberto Buonasorte e l'avvocato Marco Di Andrea, autori della denuncia da cui aveva preso avvio l'indagine per truffa aggravata che vede indagati lo stesso Fini e l'ex tesoriere di An, , vale a dire coloro che nel 2008 decisero e realizzarono la vendita a Monaco dell'immobile per 300mila euro. 
"Con tutto il rispetto per la magistratura - si legge nella nota - gli opponenti non possono condividere la tesi secondo cui la Procura non ravviserebbe nei fatti denunciati la ricorrenza di artifici e raggiri". Nelle 63 pagine dell'opposizione alla richiesta di archiviazione, scrivono gli esponenti de La Destra di , "abbiamo voluto indicare alla Procura di Roma dove andrebbero individuati gli artifici e i raggiri, e si e' tra l'altro chiesto di archiviare il reato di truffa per il solo senatore Pontone in quanto sarebbe lui stesso vittima di artifici e raggiri. 
Si e' invece chiesto di contestare al segretario amministrativo Pontone il reato di false dichiarazioni al e di favoreggiamento, nonche' di contestare, oltre che per il presidente della Camera onorevole Gianfranco Fini, gia' indagato per il reato di truffa aggravata, anche per l'onorevole , e Giancarlo Tulliani il reato di concorso in truffa". 
con-dlu- (RADIOCOR) 08-11-10 16:03:38 (0265)

FINI - il sen. Pontone sfugge alle domande: "Sentite altri, io non parlo..."

   
 Il sen. Franco Pontone

(foto: archivio AlassioFutura)

Sulla berlina da 100 mila euro comprata a marzo dalla già disciolta An, il senatore preferisce non parlare: "Il comitato di gestione in carica può dare una notizia del genere, io non sono abilitato". 

E sfugge alle domande del Giornale


di Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
 
Senatore Franco Pontone, si ricorda dell’acquisto di una Bmw 750 da parte di An? Parliamo di marzo scorso.
«E perché volete saperlo?»
Ci è arrivata notizia che il comitato di gestione avrebbe trovato traccia dell’acquisto per una cifra ingente di quest’auto. Volevamo sapere se lei, che a marzo era presidente, sa nulla di questo affare.
«E il comitato di gestione non può chiederlo a me?»
Certo, ma noi non parliamo a nome del comitato, siamo giornalisti: vogliamo verificare la notizia.
«Io, guardi, se parla del comitato di gestione, penso che il comitato di gestione in carica può dare una notizia del genere, io non sono abilitato».
Non è abilitato, ma può confermare che è stata comprata una Bmw a marzo?
«Guardi, sto dicendo che dovete farvelo dire dal comitato di gestione in carica, io non sono più in carica, non mi interesso più di niente».
E non sa dirci nulla di quest’auto, a che serviva?
«È una questione di delicatezza. Il comitato che è in carica ha tutte le carte, tutti i possedimenti, tutte le cose acquistate o non acquistate. Io non sono tenuto, sono fuori dalla gestione. Se io fossi in carica vi avrei detto “sì”, “no”. Poi dovrei vedere dalle carte cosa abbiamo comprato o non abbiamo comprato».
Noi volevamo sapere se se ne ricordava: è un acquisto abbastanza consistente, sui 100mila euro, una grossa macchina. Volevamo capire qual era la finalità.
«Scusi uno piglia la macchina, perché piglia una macchina: per usarla, no?»
Ma era destinata a componenti del partito? A chi?
«Chiamate il comitato di gestione. Per cortesia». 

Da www.ilGiornale.it del 25 Novembre 2010

mercoledì 15 settembre 2010

Gianfranco e il cognato sono i veri protagonisti Ma i Pm non li sentono





 L'appartamento di Montecarlo al "Palais Milton"

Roma - La notizia, quella vera, è che secondo i magistrati romani Fini e Tulliani non avrebbero niente di rilevante da dire sulla vendita dell’appartamento di Montecarlo.  
E questo nonostante Fini abbia espressamente dichiarato che a trovare l’acquirente sarebbe stato proprio il «cognato». 
Che ai pm non interessi il Tulliani inquilino è comprensibile. Che non vogliano capire meglio la genesi della vendita, invece, no. 
Ieri intanto il senatore di Fli ed ex tesoriere di An Francesco Pontone è stato interrogato per due ore in procura a Roma dal capo dell’ufficio Giovanni Ferrara e dall’aggiunto Pierfilippo Laviani.  
Ma a verbale si è raccontato come mero esecutore di un atto - la compravendita della casa che An ereditò da Anna Maria Colleoni - che considerava una «direttiva» del partito. 
Dal notaio monegasco Paul-Louis Aureglia, dunque, quell’11 luglio del 2008 era tutto pronto, e Pontone si limitò a mettere una firma in virtù della procura generale che gli aveva conferito Gianfranco Fini.
Il prezzo, quei 300mila euro - cifra risibile considerato il bene immobile che passava di mano - secondo Pontone non fu invece oggetto di alcuna trattativa, o almeno lui non ne sarebbe stato protagonista né testimone. 
Idem per quanto riguarda l’acquirente, o meglio il «mister x» nascosto dietro alla società offshore Printemps, con sede a Saint Lucia.  
E per quanto riguarda il ruolo di Tulliani: «L’ho visto una volta, a cena, tempo dopo la cessione dell’immobile», ha spiegato Pontone ai magistrati
Questi ultimi sarebbero interessati a capire se il prezzo incassato da An era davvero troppo basso, e - se è così - come mai An accettò di vendere a una cifra inferiore al valore. Sul costo però Pontone non ha potuto o voluto dire molto. 
Ha ribadito invece di non ricordare di aver mai ricevuto altre offerte di acquisto per quell’appartamento. Affermazione che collide con le numerose testimonianze di segno diverso, ultima quella di un ex An come Giorgio Bornacin, che al Giornale ha raccontato di aver invano girato al partito l’offerta di un gruppo di Sanremesi. 
Ora toccherà all’ex capo della segreteria di Fini, Donato Lamorte, e alla segretaria del presidente della Camera, Rita Marino, sfilare a piazzale Clodio per dire ciò che sanno su quella vendita. 
La decisione di convocarli è legata al fatto che i due effettuarono un sopralluogo nella casa di boulevard Princesse Charlotte, riferendo di aver trovato l’appartamento in cattive condizioni. 
I pm vogliono comprendere se le condizioni erano così cattive da giustificare un crollo del prezzo a un quinto del suo valore. 
Oggi partiranno le convocazioni, nei prossimi giorni il fascicolo si arricchirà dei due verbali.
Detto dei prossimi testimoni, va ribadito, come si diceva, che la procura ha fatto sapere di «escludere almeno al momento» di voler sentire il presidente della Camera. 
Eppure il suo ruolo nella vicenda non sembra affatto poter essere escluso a priori. 
Così come stupisce che, per ora, i pm romani non siano interessati a convocare Giancarlo Tulliani, con la malintesa motivazione che la sua qualifica di «inquilino» non sarebbe attinente all’oggetto dell’indagine, la quantificazione del prezzo.
Ma è proprio Fini, nei suoi «chiarimenti in otto punti» dell’8 agosto, che affida al «cognato» un ruolo molto più centrale nella fase della trattativa che, a parole, interesserebbe gli inquirenti. 
È il giovane Tulliani, infatti, a parlare a Fini di una proposta di acquisto. 
E se Pontone non ha mai trattato il prezzo, forse proprio Tulliani e lo stesso Fini potrebbero sapere chi lo ha fissato. E perché.    


Da www.ilGiornale.it  del 15 Settembre 2010

domenica 12 settembre 2010

Il Giornale: Così Fini ha bluffato sulla casa di Montecarlo

 

 

La palazzina che ospita l'alloggio lasciato in eredità 

ad Alleanza Nazionale dalla Contessa Colleoni.

Il presidente della Camera non ha dato alcun contributo di chiarezza. 

Anzi, quando ha parlato, ha alimentato la ambiguità. Ecco cosa non torna: dalla gaffe sulla data di vendita alla mancata spiegazione di come l'appartamento sia finito al "cognato"

 

Non chiarisce, non spie­ga. Perché? Ecco i lati oscuri della casa di Montecarlo che mettono in difficoltà il presi­dente della Camera. Da un la­to l’inchiesta giornalistica ( «in­fame », secondo il paladino del­la libertà di stampa Gianfran­co Fini), dall’altro le indagini della magistratura per far luce sugli aspetti oscuri dell’ affaire immobiliare monegasco.  
Una casa nel Principato lasciata in eredità ad An da una nobildon­na militante nel 1999. E vendu­ta dopo 9 anni per 300mila eu­ro, un quinto del valore, a una società off­shore che l’ha riven­duta a un’altra società off-sho­re . 
Con la sorpresa finale: è il «cognato» di Fini, Giancarlo Tulliani, che pochi mesi dopo finisce per abitare in quell’ap­partamento. 
La vicenda investe la gestio­ne del patrimonio di An (ossia la congruità del prezzo, ed è su questo che si fonda l’esposto che ha dato il via all’inchiesta della procura di Roma), ma an­che la scarsa trasparenza suc­cessiva alla compravendita della casa, visto che quell’im­mobile che avrebbe dovuto fi­nanziare la «buona battaglia» alla fine è servito più che altro a dare un tetto al giovane im­prenditore Tulliani. Ma in un mese e mezzo da Fini sulla vi­cenda non è arrivato un contri­buto di chiarezza.   Anzi. 
«IL GIORNALE MI DIFFAMA» 
Dopo le prime rivelazioni del Giornale sulla vicenda del­­l’eredità Colleoni e sul Tullia­ni inquilino, Fini resta in silen­zio. Replica solo, tramite il suo portavoce Alfano, il 2 agosto. Annuncia querela, accusando il nostro quotidiano di «aver pubblicato una serie di notizie false e diffamatorie riguardo alla cessione da parte di An di un immobile ubicato a Monte­carlo ». Le spiegazioni non ab­bondano. Fini smentisce la pri­ma cifra di vendita, ipotizzata da Libero in 67mila euro, spie­ga di non essere «titolare del­l’appartamento » e che Prin­temps e Timara , le off­shore ca­raibiche, «non sono a lui ricon­ducibili ». Non dice, però, a quanto An ha venduto. Non spende una parola sul perché in quella casa viva Tulliani. Non parla di ciò che sa sulla vi­cenda. 
L’INCHIESTA E IL SILENZIO  
Intanto il Giornale trova i contratti della doppia compra­vendita, e incardina date e ci­fre: An vende a Printemps l’11 luglio 2008 per 300mila euro. Printemps vende a Timara il 15 ottobre 2008 per 330mila. Il prezzo è ridicolo. E Printemps e Timara hanno stessa sede so­cia­le a Saint Lucia e rappresen­tanti comuni, riconducibili a un network di società di inter­mediazione, che fanno pensa­re a un sistema di scatole cine­si per nascondere il reale ac­quirente. Il 4 agosto la procura di Roma apre un’inchiesta, su input di un esposto di due mili­tanti della Destra. Fini? Sta zit­to, non spiega: «Ben vengano le indagini - il solo commento - anche se la denuncia provie­ne da avversari politici».
LA RISPOSTA NON CHIARISCE 
Il Giornale trova testimoni e riscontri ulteriori. Fini è sem­pre più in difficoltà. Arriva l’8 agosto, e gli otto punti sulla vi­cenda «diramati» dall’ex lea­der di An. Più che chiudere la storia, aprono nuovi interroga­tivi, che trovano sponda an­che in procura. Fini rivela, per esempio, che la casa venne va­lutata 450 milioni di lire «quan­do venne in possesso di An». Ma la stima è così bassa che i pm vogliono capire chi e per­ché la fece. Fini racconta la «sorpresa» e il «disappunto» manifestati quando seppe dal­la compagna che Tulliani era andato a vivere nella casa. Ma non spiega quando e come l’ha saputo,non dice che prov­vedimenti avrebbe assunto, se ne ha assunti. Nega l’esi­stenza di altre offerte più con­grue, eppure molti coinquilini del palazzo hanno riferito di averle presentate oltre al parla­mentare ex An, Caruso, che conferma di averne ricevuta una, respinta dal partito. E, so­prattutto, Fini sbaglia clamo­rosamente la data della com­pravendita, citando il 15 otto­bre, data della cessione da una off-shore all’altra, atto di cui pe­rò afferma di non sapere nien­te. Una gaffe incomprensibile, sulla quale ovviamente Fini continua a non dare spiegazio­ni. 
I TESTIMONI? DIFFAMATORI 
Il Giornale pubblica la test­i­monianza di un dipendente di un negozio di mobili alle porte di Roma, Davide Russo, che racconta di aver visto la Tullia­ni e, almeno in due occasioni, Fini, nel negozio. Per acquista­re mobili ed elaborare progetti per ambienti di una casa «sicu­ramente all’estero». Fini la­scia al portavoce la replica: «Delirio diffamatorio». Smen­tite specifiche non arrivano. Il titolare del centro arredi dice solo di non aver effettuato «tra­sporto o montaggio a Monte­carlo ». Coerentemente con quanto dichiarato dal testimo­ne, per il quale il trasporto fu effettuato da terzi. E quanto al­la cucina Scavolini, venduta dallo stesso negozio, non Fini ma il finiano Benedetto Della Vedova ammette l’acquisto, ma dice che «non è a Monte­carlo ». Nessuno si disturba a dire dove sarebbe.
LE SMENTITE DI MISURA 
Altri testimoni dicono di aver visto Fini a Montecarlo, due (Luciano Caré e Giorgio Mereto) addirittura in boule­va­rd Princesse Charlotte o nel­l’androne del palazzo. Fini fa smentire le date ricostruite dai due, ma non dice la cosa più semplice, ossia di non essere mai stato in quella casa. Il «pas­so » lo fa da Mentana, martedì scorso, sostenendo di non aver visto l’appartamento: «Chi dice che mi ha visto lo pro­vi ».Ma l’allergia alle spiegazio­ni dell’ affaire prosegue su La7 : Tulliani ha saputo che la casa era in vendita perché «Montecarlo non è certo una metropoli». Ma gli inquilini dello stabile che volevano comprare non sapevano nul­la. «Sorpresa e disappunto» svaniscono. Fini, ora, è «molto più arrabbiato» con la stampa. Che racconta una storia di cui lui non vuol parlare. Forse, co­me spiegava a inizio agosto l’imbarazzatissimo senatore Pontone, è tutta una coinci­denza. Incredibile.

Gian Marco Chiocci 
Massimo Malpica

Da www.ilGiornale.it  del 11 Settembre 2010


Il sen. Bornacin: «C’era chi voleva quella casa ma il partito mi disse di no»

 


 Il senatore Giorgio Bornacin

Eccone un altro. Dopo gli inquilini di palais Milton a Montecarlo, al 14 di boulevard Princesse Charlotte, e dopo il riscontro del parlamentare del Pdl Antonino Caruso, che ha confermato di aver ricevuto una proposta d’acquisto per quella casa, ora anche il senatore Giorgio Bornacin ritrova la memoria.   
In questo botta e risposta col Giornale ricorda la proposta che alcuni sanremesi gli fecero per mettere le mani sull’appartamento che An ereditò dalla Colleoni. 
Bornacin girò la richiesta ai vertici amministrativi del partito, che come negli altri casi risposero che l’immobile (dove ora vive il «cognato» di Fini) non era in vendita.
Senatore Bornacin, che cosa sa della casa monegasca?
«So quello che ho letto sui giornali, e so anche che tanti anni fa Donato Lamorte mi parlò di questo immobile dicendomi che era un lascito di una simpatizzante del Msi. Andai anche a vedere la casa, su suggerimento dello stesso Lamorte. Presi come occasione un incontro che avevo con degli amici dell’Automobile Club di Monaco e un bel giorno di primavera visitai l’appartamento, in una bella zona, elegante, centralissima». 
Si ricorda a quando risale la proposta?
«Sono passati tanti anni, se mi chiede giorno e mese non so dirglieli. Sicuramente fu un anno e mezzo, due anni dopo che Lamorte e altri del partito avevano visionato la casa monegasca. Ribadisco: c’erano persone di Sanremo interessate ad acquistare l’immobile, mi chiesero d’interessarmi col partito, cosa che feci. Ma la risposta fu che il partito non voleva alienare l’immobile». 
Con chi parlò della proposta d’acquisto avanzata da questi sanremesi?
«Con Donato, e soprattutto con il senatore Pontone, che reputo un uomo onesto e a cui mi lega una buona e lunga amicizia. La risposta fu no, non si vende. La stessa risposta che mi risulta sia stata data ad altri che hanno avanzato proposte d’acquisto». 
Che idea si è fatto della vicenda di Montecarlo?
«Grida vendetta al cospetto di Dio e vi spiego perché. La mia vita nel Movimento Sociale è stata caratterizzata da un impegno politico e finanziario personale. Tante volte, ma tante, per aiutare il partito ho contribuito con il mio denaro a mandare avanti la baracca. Ho dato sangue e sudore per l’Msi e per An. E come me altri simpatizzanti, iscritti, esponenti di partito e non. Tutti quelli che hanno messo denaro proprio nel partito e oggi vedono che il patrimonio di quello stesso partito è gestito così, restano senza parole. Ecco perché volevo organizzare una manifestazione a Montecarlo davanti alla casa del cognato, della contessa Colleoni. Ho provato con gli amici del Pdl di Ventimiglia, ma le autorità monegasche ci hanno fatto sapere che se solo ci provavamo ci avrebbero arrestati. Solo per questo abbiamo desistito». 
I suoi rapporti con Fini?
«Lo conosco da trent’anni, gli sono stato amico fedele fino a quando, per motivi a me incomprensibili, ha iniziato a dire e fare cose altrettanto incomprensibili. Nel 1974, insieme ad Anderson, c’incaricò di predisporre la piattaforma per i decreti delegati. In trent’anni abbiamo anche discusso ma poi, da amici, ci siamo sempre chiariti. Fino a quando...». 
Fino a quando?
«Fino a quando in quest’uomo è avvenuto un cambiamento radicale, dalla mattina alla sera. Una cosa incredibile, non era più lui. Non credevo alle mie orecchie quando lo sentivo parlare del Corano nelle scuole, rinnegare le battaglie sull’immigrazione clandestina, prendere posizioni personali sulla legge del fine vita. 
Ma io ho rotto con lui definitivamente allorché, avendo già strane idee in testa, un bel giorno mi chiama e mi dice: “Ciao vecchio, come va? Senti una cosa, Maurizio (Gasparri, ndr) è passato con Berlusconi, se hai un minuto perché non passi alla nostra riunione?”. La “nostra riunione” era quella dei finiani, per questo l’ho interrotto subito per dirgli: “Senti Gianfranco, andiamo al sodo. Se vuoi che venga alla tua riunione ti dico di no perché non condivido nulla, ma nulla, di quello che andate proponendo.  
Se invece lo desideri, fra tre giorni sono a Roma, ti vengo a trovare alla Camera e parliamo faccia a faccia, così ti dico tutto quello che penso. Ci conosciamo da trent’anni, certe cose è bene che ce le diciamo in faccia”. Lui mi ha risposto “Sì sì, giusto, ti chiamo io, sicuro”. Secondo voi mi ha più chiamato?». 
Ce lo dica lei.
«No. L’ho rivisto alla direzione nazionale. Era seduto alla fila davanti alla mia. Si è girato, mi ha visto e non mi ha salutato. Trent’anni di amicizia, capito?». 


Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Da www.ilGiornale.it  del 11 Settembre 2010

domenica 8 agosto 2010

Più di 1.500 euro al mese per la «casa dello scandalo»


 I duellanti : Gianfranco Fini e Vittorio Feltri, 
nel mezzo la vicenda della casa di Montecarlo
(inserimento delle immagini e commento sopra sono discrezionali di Alassio Futura)  

La «casa dello scandalo» è un appartamento di 60-70 metri quadri con un piccolo balcone a Palais Milton, in Boulevard Princesse Charlotte 14 a Montecarlo. Ci abita Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, la compagna da cui il presidente della Camera Gianfranco Fini ha avuto due figlie. 

Il canone di locazione è ignoto ma, come ha fatto sapere il legale di Tulliani, Michele Giordano, è «più di 1.500 euro al mese», a cui si aggiungono le spese condominiali.
L'immobile fa parte dell'eredità lasciata ad Alleanza Nazionale da Anna Maria Colleoni, discendente del condottiero bergamasco che nel XV secolo fu il luogo tenente del conte di Carmagnola. Di schiette simpatie fasciste, la Colleoni fu sempre vicina al Movimento sociale italiano e poi ad Alleanza Nazionale, a cui nel '99 lasciò una ricca eredità perché servisse ad alimentare la «buona battaglia». Oltre all'appartamento monegasco finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, facevano parte del lascito altri immobili a Roma e a Ostia e terreni a Monterotondo, in provincia di Roma, dove la nobildonna viveva.
L'appartamento è stato venduto nel 2008 alla Printemps Ltd, una società offshore con sede a Saint Lucia, un paradiso fiscale caraibico compreso nella lista grigia dell'Ocse come Paese a rischio riciclaggio. La società è controllata dalla Jaman Directors Ltd, un altro veicolo offshore con sede allo stesso indirizzo della Printemps. A metà ottobre dello stesso anno l'immobile passa alla Timara Ltd, che oggi riscuote l'affitto da Tulliani.
L'appartamento monegasco sale alla ribalta della polemica per l'inchiesta avviata dal Giornale di Feltri, che accusa fra l'altro l'allora Alleanza Nazionale di aver rifiutato offerte di vendita più ricche di quella della Printemps.   
Dall'inchiesta del quotidiano diretto da Vittorio Feltri sono nate anche delle denunce contro ignoti, presentate da alcuni esponenti della Destra che chiedono di invalidare il viaggio dell'immobile a bordo delle società offshore in quanto non coerente con la «buona causa» a cui l'aveva vincolato Anna Maria Colleoni.

Da www.ilSole24ore.it  del 08 Agosto 2010

sabato 16 gennaio 2010

Alemanno all'Ariston a sostegno di Saso: "In tema di sicurezza ricetta romana anche per la Liguria"

Sanremo - "Questa regione sembra essersi rassegnata - ha detto il sindaco di Roma - ma è un sentimento che va cambiato. Ci sono tante potenzialità inespresse in questa terra. La giunta regionale di sinistra penalizza la provincia di Imperia".

 

Ricetta romana anche per la Liguria in tema di sicurezza. Lo ha detto Gianni Alemanno intervenuto in conferenza oggi pomeriggio presso la sala Roof del teatro Ariston di Sanremo, a sostegno della campagna elettorale di Alessio Saso, candidato consigliere nelle liste del PDL alle prossime regionali: «In tre anni a Roma i reati sono diminuiti del 50 per cento - ha commentato Alemanno - c'è stata una vera e propria inversione di tendenza. Questa è una ricetta che va esportata anche qui in Liguria. Questa regione sembra essersi rassegnata, ma è un sentimento che va cambiato. Ci sono tante potenzialità inespresse in questa terra. Il lavoro di Biasotti e di Saso dovrà puntare proprio su questo. Bisogna ritrovare l'entusiasmo. Riaffermare i valori tradizionali, i diritti della persona e della famiglia. In particolare si guarderà alla sicurezza. La percezione che il cittadino ha della sicurezza è fondamentale, non è un problema dei ricchi e dei forti, ma dei più deboli, donne bambini, povera gente. Senza il rispetto delle leggi non ci può essere solidarietà o integrazione».

«La Liguria è una regione in bilico - ha detto ancora Alemanno - se si vince qui sarà un segnale fondamentale. Il PDL potrà dire di avere vinto davvero. Stiamo uscendo da una brutta crisi. La sinistra pensa solo a far saltare in aria il governo. Ci aspettiamo che i cittadini con il loro voto confermino il gradimento per la politica del PDL che ha saputo affrontare le grandi problematiche nazionali, quella economica ma anche l'emergenza spazzatura a Napoli e il terremoto in Abruzzo. Dobbiamo ripartire dalle nostre radici, dalla nostra identità nazionale e guardare al futuro. Il federalismo fiscale è un passo assolutamente necessario, l'unico in grado di garantire alle realtà territoriali i mezzi per crescere, per fare un salto di livello. La sinistra ha sempre penalizzato la Liguria con le sue scelte. Se la regione non si è ancora messa in moto è colpa di queste decisioni sbagliate. Il cittadino deve ritornare protagonista attivo della politica».

Famiglia, valori tradizionali al centro della discussione. Senza dimenticare le scelte dell'UDC: «I valori non sono una merce di scambio - ha commentato Saso - arrivati a 50 anni, non si possono cambiare tutte le idee, è ridicolo. Io rivendico anche la mia appartenenza ad AN, non ho scordato quei valori. E qui mi rivolgo al partito di Casini: dicono che decideranno con chi stare in base ai valori; se hanno seguito i consigli regionali degli ultimi quattro anni avranno ben visto che quella ligure al momento è una giunta totalmente di sinistra: hanno sostenuto famiglie di fatto, pillola abortiva, eutanasia anticipata, non hanno difeso il crocifisso nelle aule delle nostre scuole ed hanno promosso una legge sull'omofobia che è stupida e demagogica; chi difende la famiglia tradizionale non un è un pericoloso omofobo. Non capisco cosa abbia a che fare l'UDC con questo tipo di politica».

«La provincia di Imperia - ha continuato Saso - è la più maltrattata della Liguria. La Spezia e Savona ottengono molti più finanziamenti regionali di Imperia in tema di salute pubblica. Se si prende in considerazione Genova non c'è confronto. Perché? A Imperia ci si ammala di meno? Un cittadino di questa provincia deve votare per Biasotti, perché questa giunta di sinistra ci penalizza in tutti campi, spendendo di meno per Imperia che per le altre provincie. Il 28 marzo si gioca una partita decisiva. Che dire per esempio del trasporto ferroviario: da Genova a Ventimiglia conviene essere buoni ciclisti, ci si mette dimeno che ad arrivare in treno. Ringrazio l'amico Alemanno che è venuto qui oggi per darmi una mano. Se sono diventato assessore regionale lo devo a lui che mi ha spronato e sostenuto quattro anni fa, così come fa ora».

Molti gli esponenti del Popolo della Libertà intervenuti, in particolare gli ex di Alleanza Nazionale. Oltre ad Alemanno e Saso, c'erano il sindaco di Sanremo Maurizo Zoccarato, il deputato europeo Carlo Fidanza. Tra i presenti in sala anche diversi esponenti della giunta comunale, come gli assessori Gianni Berrino, Umberto Bellini e Alessandro Il Grande.

Come sempre effervescente Maurizo Zoccarato: “Queste elezioni le vinciamo - ha dichiarato - e allora dico subito ai tanti “paraculo” che ci sono in giro (sempre in riferimento all'UDC) di venire subito con noi. Io vengo da Forza Italia, Alessio Saso da AN, ma oggi siamo tutti qui assieme. Siamo un vero partito, unito e forte. Non è mancato un commento sulla città dei fiori: «Sanremo è più importante di Genova. Diventerà la capitale italiana del turismo e deve andare avanti con la capitale d'Italia, qui rappresentata dal suo sindaco». 

 FOTOSERVIZIO: Luca Lombardi www.lucalombardiphoto.com


di Giorgio Giordano

Da www.Riviera24.it  del 16 Gennaio 2010